sabato 16 aprile 2011

LA PRATICA DEL RICORDO DI SE'

Premettiamo che il Lavoro Alchemico dell'uomo su sé stesso deve consistere innanzitutto nella purificazione da tutte le emozioni negative che pervadono la sua personalità. La lamentela, l'odio, la rabbia, la gelosia e ogni genere di giudizio e fastidio verso gli altri devono essere scomparsi prima che egli possa avventurarsi nei mondi spirituali. In queste dimensioni superiori l'aspirante viene sottoposto a ogni sorta di attacchi emotivi e mentali da parte delle forze ostili che vi abitano e che egli stesso suscita per risonanza. Solo un perfetto equilibrio di emozioni e pensieri potrà renderlo capace di difendersi e di distinguere la realtà dalle allucinazioni. 


la pratica del ricordo di sé 
1 -- Si tratta di ricordarsi di sé più a lungo che si può durante lo svolgimento di un'azione prolungata nel tempo. Un esercizio classico è il ricordo di sé mentre -- laviamo i piatti; ma le varianti possono essere molte: -- spazziamo il pavimento, -- scendiamo le scale, -- ci laviamo i denti, -- ci facciamo la barba, -- ci depiliamo, -- mangiamo un panino, -- facciamo la doccia, oppure nel tragitto fra l‟automobile parcheggiata e il posto di lavoro, o fra casa nostra e la fermata dell‟autobus... Ogni attività che abbia una durata non eccessiva può essere utilizzata come esercizio. Si tratta di fermare il lavorìo della mente, il "dialogo interno" della mente, tutte le volte che ci ricordiamo, e sforzarci poi di rimanere presenti più a lungo possibile prima di ricadere nell'identificazione con i pensieri e le immagini mentali. Dobbiamo concentrarci su quello che stiamo facendo rimanendo coscienti di noi, senza vagare con il pensiero. Non dobbiamo lasciare che il corpo fisico esegua il lavoro da solo meccanicamente, dobbiamo accompagnare la sua attività con la nostra presenza qui-e-ora. Il corpo fisico sa lavare benissimo i piatti anche se intanto la mente pensa all'ultimo film che ha visto, ma lo scopo dell'esercizio è che TUTTO L'ESSERE lavi i piatti, non solo un corpo; dobbiamo rimanere pienamente coscienti di ciò che facciamo come se il corpo senza il nostro aiuto cosciente non potesse farlo. Mentre il corpo lava i piatti la mente deve essere lì con lui, e non vagare per associazioni di pensiero come è abituata a fare. Per esempio, ricordiamoci di noi mentre ci spogliamo e ci svegliamo. Che sia la mattina prima di andare al lavoro, la sera quando torniamo, poco prima di andare a letto nell'indossare il piagiama, quando ci troviamo nello spogliatoio della palestra o della piscina... dobbiamo restare "presenti a 
4 noi stessi" metnre ci infiliamo o ci togliamo i vestiti, cioè completamente presenti a quello che stiamo facendo, senza farci distrarre da altri pensieri o da persone che richiamano la nostra attenzione. All'inzio può essere utile ripetersi: "Mi sto infilando i pantaloni... e sono presente... mi sto ricordando di me... non sono distratto da altro...". Negli istanti in cui riusciamo a essere presenti sappiamo già che a breve ripiomberemo nel sonno. Ogni momento di presenza è una conquista. Mentre laviamo i piatti o ci spogliamo a tratti siamo presenti e a tratti ci identifichiamo con il contenuto della mente sognando a occhi aperti, immaginando situazioni e dialoghi assortiti... ma per ora siamo schiavi e non possiamo evitarlo, non abbiamo sufficiente Volontà per evitarlo, possiamo solo sforzarci di "tornare in noi" appena ce ne ricordiamo e prolungare questo stato di presenza finché ci è possibile. Noteremo presto che questi esercizi sono quindi un continuo andare e venire da uno stato di presenza a uno di assenza. Una continua lotta per rimanere desti. E la lotta contro la meccanicità è ciò che ci serve per provocare la « cottura alchemica » delle sostanze che vanno a formare i nostri "corpi sottili". Nei primi tempi sarebbe bene non mischiare i differenti esercizi: è meglio concentrarsi per un‟intera settimana su un unico esercizio e poi cambiare. Sette giorni è il periodo ideale. Dopo sette settimane si conclude un ciclo e se ne può cominciare uno successivo, mantenendo gli stessi esercizi oppure sostituendone qualcuno. 
L'attenzione divisa. Praticando gli esercizi ci si accorge che il ricordo di sé implica il verificarsi di un particolare fenomeno detto « attenzione divisa », cioè la capacità di prestare attenzione a ciò che si sta facendo e contemporaneamente a se stessi. L'attenzione prende così due direzioni: una verso l'esterno e una verso l'interno. Nel corso della vita normale invece l'attenzione è monodirezionale, cioè la coscienza è interamente persa nell'evento esterno. Se una persona ci sta parlando noi siamo concentrati su di lei, la nostra coscienza è interamente PERSA in lei, annullata nell'avvenimento esterno. Quando ci si sforza di rimanere presenti ci si accorge che è possibile parlare con una persona prestando attenzione a quanto dice, e contemporaneamente ricordarsi di sé, cioè essere presenti a se stessi. Si può cioè tenere una parte dell'attenzione sempre rivolta verso l'interno. Questo sforzo fa sì che dentro di noi si strutturi il corpo dell'anima - e che la nostra coscienza divenga perciò immortale - e che il nostro centro di consapevolezza si sposti in esso. Accade che noi diveniamo progressivamente l'entità che osserva l‟apparato psicofisico al lavoro, e non si identifica più interamente con esso, non si annulla più in esso. Questa entità è la coscienza extracerebrale, ciò che in oriente viene definito « il testimone », l'osservatore imparziale. Il nostro disidentificarci dalla macchina biologica, il rimanere presenti come osservatori mentre il corpo e la mente fanno qualcosa, fa sì che creiamo nuovi "corpi sottili" da abitare e simultaneamente ci identifichiamo con essi, cioè spostiamo la nostra coscienza in essi. I due processi vanno di pari passo. Se mentre camminiamo per strada ci proponiamo fermamente di rimanere « svegli » fino all‟incrocio successivo, ma dopo qualche minuto sorprendiamo la nostra mente a fantasticare sopra gli argomenti più svariati, allora ancora una volta ci siamo „dimenticati di noi‟... ci siamo „addormentati‟. Non abbiamo il controllo della nostra mente! Non abbiamo il controllo delle nostre emozioni! Non viviamo la vita che scegliamo noi, ma solo quella della nostra macchina biologica. A questo punto l‟assenza di libero arbitrio diviene per noi un fatto indubitabile. Non dobbiamo affidarci alle teorie di qualche filosofo per decidere se l‟uomo possiede oppure no una libera Volontà. Lo possiamo sperimentare sulla nostra pelle! Ma fino a quando non vengono attuate nella pratica, queste rimangono solo parole prive di utilità! Questo sito non è un ricettacolo di teorie esoteriche, ma un costante richiamo a lavorare su di sé! 

TRATTO DA :IL LAVORO ALCHEMICO-SALVATORE BRIZZI

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