sabato 25 gennaio 2014

ALDIQUA' E ALDILA'

Dopo la morte è possibile - in alcuni precisi momenti di passaggio, che vengono descritti nel libro - conseguire la fusione con l’Uno e non tornare più a reincarnarsi. Per poter fare questo è però necessaria una Presenza a se stessi di portata eccezionale, una qualità dell’essere che non ci viene regalata con il passaggio nell’aldilà, ma deve essere fabbricata nell’ “aldiqua” giorno per giorno per mezzo dei relativi esercizi e grazie all’apertura del Cuore.



Vi faccio un esempio. Uno dei primi esercizi che assegno nel mio corso prevede che l’allievo si ricordi di sé tutte le volte che passa sotto una porta, ossia tutte le volte che cambia ambiente. È un esercizio dall’elevato valore simbolico, proprio perché si collega all’aspetto appena citato nelLibro americano (e tibetano) dei morti: riuscire a rimanere presenti mentre si trasloca da una sfera all’altra dei mondi spirituali. Ma se non sono in grado di restare presente a me stesso mentre passo da una stanza all’altra nel mondo “di qua”, come posso sperare di restare presente – e approfittarne per fondermi con l’Assoluto – al momento di abbandonare il mio corpo fisico, oppure al momento di abbandonare il mio corpo astrale?


Le mie capacità da “questa parte” definiscono le mie possibilità “dall’altra parte”.
Chi sono i demoni se non le personificazioni astrali delle mie paure. È possibile che oggi non esistano più uomini o donne senza paure?


In ogni caso la lettura del Libro dei morti al capezzale del morente – qualunque sia il suo livello di preparazione – serve proprio a ricordargli le sue possibilità affinché non si perda nell’oblio della meccanicità, ma sfrutti i momenti più propizi per compiere il Grande Balzo e gettarsi nell’Uno.

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